Perché condividere il cibo con chi non fa parte della nostra famiglia quando non ci sono guadagni immediati? Una domanda alla quale ha risposto lo studio “Social bonds facilitate cooperative resource sharing in wild chimpanzees”, pubblicato su Proceedings of Royal Society B da un team di ricercatori internazionale guidato dagli scienziati del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie, che ha condotto osservazioni sulla condivisione dl cibo in natura tra gli scimpanzé del Parc national de Taï, in Costa d’Avorio. E’ così che hanno scoperto che «Gli scimpanzé che possiedono generi alimentari molto desiderabili, come carne, miele o frutti di grandi dimensioni, condividono il cibo con i loro amici» e che «Né l’alto status dei dominanti né le molestie dei “mendicanti” influenzano le decisioni dei possessori di condividerli».
I ricercatori tedeschi sottolineano che «La condivisione della carne dopo la caccia e lo scambio di altri prodotti alimentari di valore è considerata fondamentale nell’evoluzione della cooperazione nelle società umane. Un’idea preminente è che gli esseri umani condividono alimenti preziosi per ottenere futuri favori, in modo tale che quelli con cui abbiamo scelto di condividerli siano più propensi a collaborare con noi in futuro. Nonostante si verifichi regolarmente negli esseri umani, la condivisione di cibo al di fuori della parentela o delle relazioni di accoppiamento è rara negli animali non umani. I nostri due parenti viventi più prossimi, scimpanzé e bonobo, sono due delle rare eccezioni e, a causa dell’importante ruolo della condivisione del cibo nell’evoluzione umana, l’esame dei modelli di condivisione degli scimpanzé può aiutare a rispondere alle domande sul perché condividiamo il cibo tra adulti e come questo potrebbe aver dato forma alla cooperazione umana».
I ricercatori del Max Planck hanno scoperto che scimpanzé del Parc national de Taï sono molto selettivi nello scegliere con chi condividere i cibi più desiderabili, e dicono che questi dati integrano i risultati di un altro studio, “Reward of labor coordination and hunting success in wild chimpanzees”, pubblicato a settembre dallo stesso team su Communications Biology e che ha esaminato la condivisione della carne dopo la caccia in un gruppo di scimpanzé. Gli scienziati hanno scoperto che i primati che erano entrati in possesso della carne dopo una caccia di successo potevano ricompensare gli altri cacciatori condividendola con loro. Un po’ come fanno i cacciatori umani della squadre delle battute al cinghiale o ad altri grossi animali.
La principale autrice di entrambi gli studi, Liran Samuni del dipartimento di primatologia del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie, sottolinea che “«Il successo della caccia aumentata quando più scimpanzé partecipano alla caccia o alle ricerche delle prede in comune prima dell’inizio di una caccia. La condivisione della carne in seguito alle cacce di successo ha incoraggiato la partecipazione la caccia, dato che i cacciatori delle prede le hanno condiviso più frequentemente con i cacciatori rispetto ai non cacciatori, nonostante i tentativi di accattonaggio. Nell’insieme, la nostra ricerca dimostra che gli scimpanzé decidono quando condividere il cibo in base alla probabilità che questo favore venga restituito in futuro, O, in caso di condivisione dopo la caccia di gruppo, la condivisione della carne serve a restituire il favore per aver dato una mano».
Precedenti studi in un’altra sottospecie di scimpanzé avevano invece suggerito che negli scimpanzé la condivisione del cibo si verificasse principalmente a causa delle pressioni esercitata dai “endicanti”, ma la primatologa Catherine Crockford, anche lei del Max Planck e autrice senior di entrambi gli studi, sottolinea che «Questo non è il l caso degli scimpanzé di Taï, evidenziando un’elevata variabilità nella cooperazione tra le popolazioni di scimpanzé». E anche qui le somiglianze tra noi e queste grandi scimmie sono impressionanti: anche tra le popolazioni umane varia il modo in cui sono cooperative e la ricerca è in corso sia tra gli esseri umani che tra gli animali non umani valuta cosa potrebbe rendere alcune popolazioni più cooperative di altre.
Un altro autore dello studio, Roman Wittig che lavora anche per il Centre Suisse de Recherches Scientifiques, fa notare che «La necessità di restare in un’unità coesa, a causa di un’elevata pressione predatoria, o la capacità di esibire una forte coesione, a causa delle ricche fonti alimentari, sono due possibili scenari per la promozione di atteggiamenti e atti cooperativi».
I ricercatori che partecipano al Taï Chimpanzee Project hanno anche raccolto campioni di urina dagli scimpanzé dopo la caccia e gli eventi di condivisione del cibo e hanno misurato l’ormone dell’ossitocina. «Sappiamo che l’ossitocina svolge un ruolo importante nella lattazione, che si può considerare un esempio di condivisione del cibo tra madre e cucciolo ed è generalmente coinvolta nel comportamento e nel legame sociale – spiega ancora la Samuni – I ricercatori hanno trovato alti livelli di ossitocina dopo che gli scimpanzé hanno condiviso la carne e altri alimenti di valore e dopo che gli scimpanzé hanno partecipato alla caccia con altri. Il fatto che abbiamo rilevato livelli più alti di ossitocina dopo la caccia e la condivisione da forza all’idea che l’ossitocina sia un ormone chiave coinvolto nella cooperazione in generale».
I ricercatori concludono che,«Come negli esseri umani, la condivisione dello scimpanzé di Taï è selettiva e gli amici e gli altri che hanno contribuito all’acquisizione del cibo ne traggono maggiori benefici. La connessione emotiva, come è ovvio tra gli amici, ha probabilmente svolto un ruolo cruciale nell’evoluzione della cooperazione umana».