Lo studio che ha analizzato il meccanismo con cui si modifica la biodiversità accanto ai ghiacciai nel momento del loro ritiro e i ricercatori (oltre a Ficetolla, Silvio Marta, Alessia Guerrieri, Mauro Gobbi, Roberto Ambrosini, Diego Fontaneto, Andrea Zerboni, Jerome Poulenard, Marco Caccianiga e ilfried Thuiller), spiegano che «A seguito dei cambiamenti climatici i ghiacciai si stanno ritirando, in tutti i continenti, con velocità crescente e possono quindi essere considerati una delle più iconiche manifestazioni del riscaldamento globale in atto. Da un punto di vista biologico i territori da cui i ghiacciai stanno scomparendo sono un perfetto laboratorio all’aria aperta utile a descrivere da chi, come, e con che tempi vengono colonizzati substrati vergini, e permettono di comprendere come si stabilisce la vita laddove prima non c’era. Batteri, funghi microscopici, insetti e ragni sono tra i primi colonizzatori, seguiti poi da muschi e piante. Sono organismi che per vivere necessitano di ambienti freddi e umidi, quindi, annualmente si trovano a dover inseguire i ghiacciai in ritiro».
Però, questi organismi stanno rispondendo diversamente agli effetti del ritiro glaciale e questo dipende dalla loro capacità di dispersione, e dalla posizione geografica dei ghiacciai: «Alcuni ghiacciai, anche nelle aree temperate, fino al secolo scorso scendevano a quote relativamente basse. In queste aree la colonizzazione da parte di piante e animali è particolarmente rapida, e in meno di un secolo si può formare una foresta dove prima non c’era che detrito roccioso: questo significa che, dove inizialmente era possibile trovare solamente piante erbacee inframezzate a detrito roccioso, col ritiro dei ghiacciai a queste piante erbacee si sono aggiunti anche arbusti e conifere, modificando visibilmente la tipologia di vegetazione inizialmente presente».
Nelle aree vicino ai poli o nei ghiacciai alle altissime quote, la risposta della fauna è molto più lenta. All’Università Statale di Milano fanno l’esempio della piana proglaciale del Ghiacciaio dei Forni, dove, «Al posto degli alberi cent’anni fa c’era ghiaccio e con esso le specie criofile, ovvero amanti del freddo, associate, tra cui il coleottero Oreonebria castanea: questa specie ora sopravvive solo alle quote più alte dove è ancora rimasto ghiaccio, ma man mano che il ghiaccio si ritira viene meno il suo habitat».
I ghiacciai continuano a ritirarsi e molti di loro probabilmente scompariranno nei prossimi decenni. Gli autori dello studio si sono quindi chiesti quali ripercussioni potrà avere sulla perdita di biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi. È da qui che è nato il progetto ICE-Communities, finanziato dalla Comunità Europea, che sta studiando direttamente la colonizzazione dei terreni liberati dai ghiacciai in ritiro, analizzando ben 48 ghiacciai in tutti i continenti. Il progetto è stato possibile grazie al coinvolgimento di Parchi, Regioni, Province Autonome, Enti di Ricerca, SAT/CAI, APT locali, Collegio delle Guide Alpine e Comitato Glaciologico Italiano.