Le vacanze al mare sono terminate per molti di voi, ma probabilmente lo avrete notato che negli ultimi anni nuotare tranquillamente nei nostri mari è diventato sempre più difficile e rischioso per via del numero sempre più crescente di meduse.
Queste ultime, però, oltre ad essere l’incubo dei bagnanti costituiscono una grave minaccia per l’ecosistema marino.
A rivelare ciò è stato è stato uno studio condotto nel Giugno scorso dal Virginia Institute of Marine Science che ha esaminato le meduse sia nel loro habitat naturale (è stata presa in considerazione la baia di Chesapeake, nella costa est degli Usa), sia in test di laboratorio per comprendere la loro interazione con i batteri che popolano le acque.
Uno degli autori dello studio, Rob Condon, ha spiegato, che “le meduse sono voraci predatori e colpiscono la catena alimentare sottraendo plankton che sarebbe altrimenti mangiato dai pesci e trasformandolo in una biomassa gelatinosa che non è consumata dai predatori con altrettanta facilità”.
Le meduse, inoltre, influiscono anche su quei batteri che degradano le carcasse “riciclando” gli elementi chimici, primo tra tutti il carbonio. “I batteri – continua Condon – preferiscono utilizzare il carbonio delle meduse per la respirazione invece che per la crescita e quindi producono CO2 che va nell’oceano invece che assorbirla. Questo è dovuto al maggiore rapporto fra carbonio e azoto nelle meduse rispetto agli altri animali marini”.
Considerata la costante proliferazione di meduse alla quale abbiamo assistito negli ultimi anni, gli esperti concludono che il fenomeno “potrebbe riflettersi in un aumento dell’acidità degli oceani, che ha ulteriori effetti negativi sull’ecosistema e sugli animali”.
Ma a cosa è dovuta la recente invasione dei principali ‘disturbatori’ dei bagnanti e degli ecosistemi marini? Paradossalmente, a favorire la proliferazione delle meduse siamo proprio noi che, con il nostro eccessivo consumo di pesce sosteniamo la pesca indiscriminata. Proprio quest’ultima, infatti, sarebbe all’origine dell’aumento costante delle popolazioni di meduse. Ad evidenziarlo è l’Enpa che, in riferimento allo studio del Virginia Institute of Marine Science, sottolinea che “la proliferazione delle meduse impoverisce la catena alimentare degli oceani, ma è dovuta, a sua volta, alla costante riduzione dei predatori che si cibano di questa specie”. Una riduzione, appunto, imputabile alla pesca selvaggia.
Si tratta, insomma di “un vero e proprio circolo vizioso”, come rileva il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri. La proliferazione delle meduse, ha spiegato Ilaria Ferri, è favorita anche dalla diminuzione dei predatori, insieme ad altri fattori quali l’inquinamento e l’aumento globale delle temperature.
Al fine di spezzare questa reazione a catena, occorre dunque fermare la pesca – in modo particolare quella illegale di tonni e pescespada – adottando abitudini alimentari sostenibili. Questo, conclude Ferri, è l’unico modo per “preservare la biodiversità dei nostri mari e, al contempo, garantire la sicurezza dei bagnanti”.