Secondo lo studio ”Canine sense of quantity: evidence for numerical ratio-dependent activation in parietotemporal cortex”. Pubblicato su Biology Letters da un team del Dipartimento di psicologia della Emory University e di Comprehensive Pet Therapy, i cani elaborano spontaneamente quantità numeriche di base utilizzando una particolare parte del loro cervello che corrisponde fortemente alle regioni neuronali che si attivano negli esseri umani quando contano. Una scoperta che fa pensare che, durante l’evoluzione, nei mammiferi si sia conservato un antichissimo meccanismo neurale comune.
Uno degli autori dello studio, Gregory Berns del Dipartimento di psicologia dell’Emory University, sottolinea che «Il nostro lavoro non dimostra solo che per elaborare un numero di oggetti i cani usano una parte simile del loro cervello come fanno gli esseri umani, ma dimostra che non hanno bisogno di essere addestrati per farlo». Un’altra autrice dello studio, Stella Lourenco, professore associato di psicologia all’Emory, aggiunge: «Comprendere i meccanismi neurali – sia nell’uomo che nelle altre specie – ci dà un’idea sia di come i nostri cervelli si sono evoluti nel tempo e di come funzionano ora. Queste intuizioni potrebbero un giorno portare ad applicazioni pratiche come il trattamento delle anomalie cerebrali e il miglioramento dei sistemi di intelligenza artificiale».
Berns è il fondatore del Dog Project, che punta a rispondere alle domande evolutive sul più vecchio e migliore amico dell’uomo, un progetto che per primo ha addestrato i cani a entrare volontariamente in uno scanner fMRI e a rimanere immobili durante la scansione, senza essere legati o sedati. La ricerca della Lourenco riguarda principalmente la percezione visiva, la cognizione e lo sviluppo umani.
La principale autrice dello studio, Lauren Aulet, dottoranda al laboratorio della Lourenco, spiega che «Lo studio ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per scansionare il cervello dei cani mentre guardavano un numero variabile di punti lampeggiati su uno schermo. I risultati hanno dimostrato che la corteccia parietotemporale dei cani rispondeva alle differenze nel numero di punti. I ricercatori hanno mantenuto costante l’area totale dei punti, dimostrando che era il numero dei punti, non la dimensione, a produrre la risposta. Il sistema numerico approssimativo supporta la capacità di stimare rapidamente una quantità di oggetti in una scena, come il numero di predatori che si avvicinano o la quantità di cibo disponibile per il foraggiamento. Le prove suggeriscono che gli umani attingano principalmente dalla loro corteccia parietale per questa capacità, che è presente anche nell’infanzia. Questa sensibilità di base alle informazioni numeriche, nota come numerosità, non si basa sul pensiero simbolico o sull’addestramento e sembra essere diffusa in tutto il regno animale».
Questo non significa che i cani conoscano la matematica, ma sembra che abbiano un innato senso della quantità e potrebbero usarla quando mettiamo meno bocconcini nella loro ciotola.
Il problema è che gran parte della ricerca sugli animali non umani e stata realizzata con un addestramento intensivo dei soggetti. Ad esempio, ricerche precedenti hanno scoperto che dei particolari neuroni nella corteccia parietale delle scimmie sono in sintonia con i valori numerici, ma non hanno chiarito se nei primati non umani la numerosità sia un sistema spontaneo, perché le scimmie sono state sottoposte a numerosi test e hanno ricevuto ricompense per aver selezionato scene con un numero maggiore di punti come preparazione agli esperimenti. Anche studi comportamentali su cani addestrati al compito di discriminare tra diverse quantità di oggetti hanno indicato che i cani sono sensibili alla numerosità.
Nei test con la risonanza magnetica sono stati coinvolti cani appartenenti a 11 razze diverse e che non hanno ricevuto un addestramento avanzato per la numerosità. Dopo essere entrati nella fMRI i cani hanno visualizzato passivamente serie di punti che variavano in valore numerico. I ricercatori dicono che «8 degli 11 cani hanno mostrato una maggiore attivazione nella corteccia parietotemporale quando il rapporto tra le matrici di punti alternati era più dissimile rispetto a quando i valori numerici erano costanti».
La Aulet, spiega ancora: «Siamo andati direttamente alla fonte, osservando il cervello dei cani, per avere una comprensione diretta di ciò che i loro neuroni stavano facendo quando i cani hanno visto varie quantità di punti. Questo ci ha permesso di aggirare le debolezze dei precedenti studi comportamentali su cani e altre specie».
Berns ricorda che «Umani e cani sono separati da 80 milioni di anni di evoluzione. I nostri risultati forniscono alcune delle prove più evidenti che la numerosità sia un meccanismo neurale condiviso che risale almeno a quel punto».
A differenza dei cani e di altri animali, gli esseri umani sono in grado di basarsi sulla numerosità per realizzare operazioni matematiche molto più complesse, attingendo principalmente dalla corteccia prefrontale.
La Aulet conclude: «Parte del motivo per cui siamo abili nei calcoli e nell’algebra è perché abbiamo questa fondamentale capacità della numerosità che condividiamo con altri animali. Mi interessa capire come abbiamo sviluppato questa capacità matematica superiore e come queste abilità si sviluppano nel tempo negli individui, a partire dalla numerosità di base nell’infanzia».