Nelle bocche termali gorgoglianti al largo di Ischia, vive una curiosa popolazione di ricci di mare ricci maschi (Arbacia lixula) che da almeno 30 anni prospera in questi ambienti a basso pH e ricchi di anidride carbonica, un habitat che somiglia molto agli oceani acidi che potrebbero portare i cambiamenti climatici.
Il Mar Mediterraneo si sta riscaldando del 20% più velocemente della media globale, con un riscaldamento previsto fino a 5,8° C entro il 2100 e lo studio “Acclimation to low pH does not affect the thermal tolerance of Arbacia lixula progeny”, pubblicato su Biology Letters da Shawna Foo e Maria Byrne della School of Life and Environmental Sciences dell’università di Sydney, da Marco Munari dell’Ischia Marine Center della Stazione Zoologica Anton Dohrn e da Maria Cristina Gambi dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS di Trieste, ha stabilito che questi ricci neri «Possono anche tollerare temperature del mare senza precedenti, un altro sottoprodotto del cambiamento climatico». Questo significa che i ricci maschi, già abbondanti nel Mediterraneo, lo invaderanno ulteriormente grazie agli oceani che continueranno a riscaldarsi e che diventeranno più acid.
La Foo, ricercatrice capo e biologa marina, spiega che «Data la loro capacità di resistere a un’ampia gamma di temperature, è probabile che questi ricci di mare continuino a diffondersi in tutto il Mar Mediterraneo, con gravi conseguenze per gli habitat costieri».
I ricercatori ricordano che «Quando il numero dei ricci aumenta in modo sproporzionato, devastano le foreste di piante sottomarine e di alghe – una fonte di cibo – causando la scomparsa di altre specie che dipendono dalle piante e dalle alghe per cibo o riparo. Ciò che resta – un fondale marino roccioso, sabbioso e pieno di ricci – è noto come “urchin barren”».
In tutto il mondo, anche al di fuori del Mediterraneo, fino alla costa orientale dell’Australia e a quella che si estende dalla Nuova Scozia al Cile, i ricci di mare sono in continua crescita, un fenoimeno p che può essere in gran parte attribuito all’aumento della temperatura del mare che aiuta l’espansione delle popolazioni di ricci di mare perché l’acqua diventa abbastanza calda da consentire alla loro prole di sopravvivere.
All’università di Sydney fanno l’esempio di quel che sta succedendo lungo la costa sud-est dell’Australia: «Mentre le correnti rafforzate dai cambiamenti climatici riscaldano i mari, il riccio di mare dalle lunghe spine si è moltiplicato e si è spostato verso sud. Una volta localizzati nel New South Wales, ora si trovano in Tasmania, dove pascolano eccessivamente sulle alghe, con impatti negativi sugli allevamenti di abaloni e aragoste».
I ricercatori australiani ironizzano: «Nonostante non pratichi la consapevolezza o per quanto ti eserciti intenzionalmente, è difficile far stressare un riccio di mare maschio». Lo studio finanziato dalla Carnegie Institution for Science e dall’Australian Research Council, lo ha scoperto testando la loro tolleranza al caldo. In laboratorio hanno esposto gli embrioni fecondati provenienti dalle popolazioni di ricci che vivono dentro e fuori le bocche termali ricche di CO2 di Ischia ed entro un ampio intervallo di temperatura: tra 16 e 34° C. L’acqua intorno a Ischia è di solito a 24° C. E’ così che è stato evidente che i ricci neri «Non solo avevano una tolleranza massima al caldo simile; Gli embrioni di 24 ore di età provenienti da ricci con un pH acclimatato a basso pH (dalle sorgenti termali) possono resistere a un intervallo di temperatura maggiore rispetto a quelli che vivono a pH normale: un intervallo di 12,3° C contro 5,4° C».
La Foo sottolinea: «Non sapevamo se acclimatarsi a uno stress – alti livelli di CO2 – avrebbe significato che i ricci sarebbero stati più suscettibili ad altri fattori di stress, come il riscaldamento. Si potrebbe ti paragonarli agli esseri umani che non si comportano bene al lavoro quando sono davvero stressati. Eppure i nostri risultati dimostrano che vivere in un ambiente a basso pH non ha creato loro alcun problema».
Solo a 32°C entrambi i tipi di embrioni soffrivano a causa del caldo, con uno sviluppo più anomalo di quello che si sarebbe visto in una popolazione di ricci in generale. Il problema è che gli scienziati prevedono che, tra circa 30 anni, entro il 2050, il Mar Mediterraneo in piena estate raggiungerà temperature così elevate.
Ma la Foo ci vede anche un lato positivo e conclude: «Le capacità di sopravvivenza dei ricci neri con i superpoteri delle bocche termali possono fornire informazioni sugli adattamenti dei quali altri animali potrebbero aver bisogno per sopravvivere mentre gli oceani si riscaldano e diventano più acidi, ad esempio, determinando i geni responsabili della loro elevata tolleranza allo stress. Siamo fortunati ad avere l’opportunità di lavorare in un sistema così unico con animali acclimatati a un basso pH. Ci forniscono uno sguardo sullo stato degli organismi e degli ecosistemi in un oceano futuro».