Lo studio “Cold-water species deepen to escape warm water temperatures”, pubblicato su Global Ecology and Biogeography da Shahar Chaikin, Shahar Dubiner e Jonathan Belmaker dell’università di Tel Aviv dimostra che «Ci sono specie di animali marini come pesci, crostacei e molluschi (ad esempio calamari) stanno cambiando il loro habitat per vivere decine di metri più in profondità in acque più fredde».
Le scoperte fatte dai ricercatori israeliani della School of Zoology della George S. Wise Faculty of Life Sciences e dello Steinhardt Museum of Natural History dell’università di Tel Aviv hanno implicazioni di vasta portata sia per la pesca che per le future riserve naturali marine. Come spiegano Chaikin, Dubiner e Belmaker, «Mentre negli ultimi decenni l’intero pianeta si è riscaldato, questo processo è stato particolarmente marcato nel Mar Mediterraneo. La temperatura media dell’acqua nel Mediterraneo aumenta di un grado ogni trent’anni e la velocità sta solo accelerando. Una delle domande urgenti da porsi è, se mai, come le varie specie che vivono nel Mediterraneo si adatteranno a questo riscaldamento improvviso. Negli ultimi anni, si sono accumulate prove che alcune specie hanno spostato in profondità i loro habitat per adattarsi al riscaldamento globale, mentre altri studi hanno scoperto che le specie sono limitate nella loro capacità di scendere in profondità in acque più fredde».
Belmaker aggiunge che «Va ricordato che già prima il Mediterraneo era caldo, e ora stiamo raggiungendo il limite della capacità di molte specie. Inoltre, l’escursione termica nel Mediterraneo è estrema: fredda a nord-ovest e molto calda a sud-est. Entrambi questi fattori rendono il Mediterraneo un banco di prova ideale per l’adattamento delle specie al riscaldamento globale».
Nell’ambito dello studio, i ricercatori dell’università di Tel Aviv hanno condotto una meta-analisi dei dati sulla distribuzione in profondità di 236 specie marine raccolte in precedenti indagini con reti a strascico. I dati raccolti hanno rivelato per la prima volta che «Le specie spostano in profondità i loro limiti minimi di profondità parallelamente al riscaldamento delle temperature dell’acqua di mare, da ovest a est del Mediterraneo, e in media vanno più in profondità di 55 metri in tutto il Mediterraneo (un range di 60 C). Tuttavia, il modello di approfondimento non è uniforme tra le specie: è stato riscontrato che le specie di acqua fredda scendono di profondità significativamente più delle specie di acqua calda, le specie che vivono lungo un intervallo di profondità ristretto scendono di profondità meno delle specie che vivono lungo un ampio gradiente di profondità e le specie che possono cavarsela all’interno di un intervallo di temperatura più ampio scendono in profondità più di quelle i che possono sopravvivere solo all’interno di un intervallo di temperatura ristretto».
Chaikin ricorda che «Vari studi raccolgono dati dalla pesca con rete a strascico – cioè una barca che trascina una rete lungo il fondo del mare e raccoglie varie specie – e questi studi spesso misurano anche la profondità alla quale le specie vengono catturate dalla rete. Abbiamo incrociato questi dati con i dati sulla temperatura dell’acqua e, analizzando 236 specie diverse, siamo giunti a una conclusione ampia e convincente: c’è stato un approfondimento dei limiti di profondità degli habitat delle specie. Le profondità minime per le specie nel Mediterraneo stanno diventando sempre più profonde, mentre le profondità massime rimangono stabili. L’effetto di approfondimento è risultato essere più significativo tra le specie di acqua fredda. Al contrario, ci sono specie che se la cavano all’interno di un intervallo di temperatura ristretto e a una certa profondità che scendono di profondità molto meno, probabilmente perché non possono sopravvivere in acque più profonde».
Dato che la risposta di ciascuna specie all’aumento delle temperature può essere prevista in base alle sue caratteristiche, come la preferenza per la temperatura Le conseguenze di quanto scoperto dallo studio sono molteplici, nel Mediterraneo e in generale. Per la prima volta, lo studio offre ai ricercatori l’opportunità di prevedere i cambiamenti nella composizione della comunità marina e all’opinione pubblica l’opportunità di prepararsi a questi cambiamenti. Chaikin conferma: «La nostra ricerca mostra chiaramente che le specie rispondono ai cambiamenti climatici modificando la loro distribuzione in profondità e quando pensiamo al futuro, i decisori dovranno prepararsi in anticipo per la discesa in profondità delle specie. Ad esempio, le future riserve naturali marine dovranno essere definite in modo che possano fornire riparo anche alle specie migrate a profondità maggiori. E d’altra parte, la pesca in futuro comporterà la pesca dello stesso pesce a profondità maggiori, il che significa navigare più in mare e bruciare più carburante».
Belmaker conclude; «Anche se le specie scendono più in profondità per sfuggire alle acque calde e questo rapido adattamento le aiuta, c’è ancora un limite e quel limite è il fondo marino. Stiamo già vedendo pesci di acque profonde, come il merluzzo, i cui numeri sono in calo, probabilmente perché non avevano un posto più profondo dove andare».