Secondo lo studio “Emergence of methicillin resistance predates the clinical use of antibiotics”, pubblicato su Nature da un folto team internazionale di ricercatori guidato dal danese Jesper Larsen dello Statens Serum Institut e dalla britannica Claire Raisen del Department of Veterinary Medicine dell’università di Cambridge, «Lo Staphylococcus aureus ha sviluppato per la prima volta una resistenza all’antibiotico meticillina circa 200 anni fa».
I ricercatori stavano studiano una precente sorprendente scoperta, emersa da studi realizzati su ricci europei (Erinaceus europaeus) in Danimarca e Svezia, che fino al 60% dei ricci è portatore di un tipo di MRSA chiamato mecC-MRSA. Il nuovo studio ha anche riscontrato alti livelli di MRSA nei tamponi prelevati dai ricci in tutto il loro areale in Europa.
I ricercatori ritengono che «La resistenza agli antibiotici si sia evoluta nello Staphylococcus aureus come adattamento al dover coesistere sulla pelle dei ricci con il fungo Trichophyton erinacei, che produce i propri antibiotici». Da questa coesistenza sarebbe emerso lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, meglio conosciuto come il superbatterio MRSA. La scoperta di questa secolare resistenza agli antibiotici precede l’uso degli antibiotici in ambito medico e agricolo.
La “corsa agli armamenti” evolutiva sulla pelle del riccio è un esempio naturale di quello che Alexander Fleming vide sulla sua capsula di Petri quando scoprì la penicillina nel 1928: notò che nessun batterio poteva sopravvivere vicino a una muffa, un fungo.
L’autore senior dello studio, Ewan Harrison, ricercatore del Welcome Sanger Institute e dell’università di Cambridge, spiega che «Utilizzando la tecnologia di sequenziamento abbiamo rintracciato i geni che conferiscono a mecC-MRSA la sua resistenza agli antibiotici fino alla loro prima apparizione e abbiamo scoperto che esistevano nel XIX secolo. Il nostro studio suggerisce che non è stato l’uso della penicillina a portare all’emergere iniziale dell’MRSA, è stato un processo biologico naturale. Riteniamo che l’MRSA si sia evoluto in una battaglia per la sopravvivenza sulla pelle dei ricci e successivamente si sia diffuso al bestiame e agli esseri umani attraverso il contatto diretto».
In precedenza si pensava che la resistenza agli antibiotici nei batteri che causano infezioni umane fosse un fenomeno moderno, guidato dall’utilizzo clinico degli antibiotici. Ma i ricercatori avvertono comunque che «L’abuso di antibiotici sta ora accelerando il processo e la resistenza agli antibiotici sta salendo a livelli pericolosamente alti in tutte le parti del mondo».
Dato che quasi tutti gli antibiotici che usiamo oggi sono nati in natura, i ricercatori sottolineano: «E’ probabile che anche in natura esista già una resistenza ad essi. L’uso eccessivo di qualsiasi antibiotico nell’uomo o nel bestiame favorirà i ceppi resistenti del batterio, quindi è solo questione di tempo prima che l’antibiotico inizi a perdere la sua efficacia».
Secondo un altro autore senior dello studio, Mark Holmes, del Department of Veterinary Medicine dell’università di Cambridge, «Questo studio è un duro avvertimento che quando usiamo gli antibiotici, dobbiamo usarli con cura. C’è un “serbatoio” molto grande di fauna selvatica in cui i batteri resistenti agli antibiotici possono sopravvivere, e da lì il passo è breve perché vengano presi dal bestiame e poi infettino gli esseri umani».
Nel 2011 era stato proprio Holmes a identificare per la prima volta mecC -MRSA nelle popolazioni umane e di vacche da latte. All’epoca si presumeva che il ceppo fosse sorto nelle mucche a causa della grande quantità di antibiotici che vengono loro somministrati.
L’MRSA è stato identificato per la prima volta in pazienti umani nel 1960 e circa una su 200 di tutte le infezioni da MRSA è causata da mecC-MRSA. A causa della sua resistenza agli antibiotici, l’MRSA è molto più difficile da trattare rispetto ad altre infezioni batteriche. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera l’MRSA una delle più grandi minacce al mondo per la salute umana e rappresenta un grosso problema anche per l’allevamento del bestiame. La resistenza agli antibiotici si verifica naturalmente, ma l’uso improprio di antibiotici nell’uomo e negli animali sta accelerando il processo. Un numero crescente di infezioni – come polmonite, tubercolosi, gonorrea e salmonellosi – sta diventando più difficile da trattare poiché gli antibiotici usati per curarle diventano meno efficaci.
Rispetto al nuovo studio che è stato finanziato dal Medical Research Council, gli scienziati tranquillizzano: «I risultati non sono un motivo per temere i ricci. Gli esseri umani raramente contraggono infezioni da mecC-MRSA, anche se è presente nei ricci da più di 200 anni».
La Rasmussen, un’esperta di ricci spiega a sua volta che «I ricci hanno portato questo batterio per almeno 200 anni senza causare gravi infezioni nell’uomo. Quindi il consiglio è di apprezzare e sostentare ancora i ricci che entrano nel vostro giardino e di mantenere una buona igiene delle mani durante l’alimentazione e possibilmente la manipolazione dei ricci. Sia per il bene dei ricci che per noi stessi».
Holmes conclude: « La cosa rassicurante è essere ragionevolmente sicuri che non sia l’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti lattiero-caseari che porta a questo tipo di MRSA presente nelle persone”, ha affermato il prof Holmes. Ma questo non significa che dovremmo allentare le regole sull’uso degli antibiotici. Non sono solo i ricci ad ospitare batteri resistenti agli antibiotici: tutta la fauna selvatica trasporta molti tipi diversi di batteri, oltre a parassiti, funghi e virus. Animali selvatici, bestiame e esseri umani sono tutti interconnessi: condividiamo tutti un ecosistema. Non è possibile comprendere l’evoluzione della resistenza agli antibiotici se non si guarda all’intero sistema».
Tratto dadel 07 Gennaio 2022