Il mondo è in balia di una rivoluzione tecnologico-alimentare. Un delle evoluzioni più interessanti riguarda la carne coltivata, nota anche come “carne pulita”, “carne cellulare” o “carne anti-macellazione”.
Viene generata dalle cellule staminali prese da un animale vivo senza bisogno di macellarlo. I suoi creatori presentano la carne coltivata come la soluzione a lungo attesa al problema dell’allevamento industriale.
Se commercializzata con successo, potrebbe risolvere molte delle questioni ambientali, di salute pubblica e benessere animale connesse all’allevamento, fornendo comunque ai consumatori ciò che sono abituati a mangiare. Nonostante questo, l’opinione pubblica è titubante a proposito della carne coltivata. Gli scienziati e i sostenitori di alto profilo, comprese persone come Bill Gates e Richard Branson, spingono per un’adozione più ampia, ma è difficile convincere il pubblico sulle nuove tecnologie alimentari, soprattutto sul cibo geneticamente modificato.
Come psicologa morale, la mia ricerca esplora le percezioni delle persone sulla carne coltivata, sia quelle positive che quelle negative. Di seguito, discuterò le principali ragioni per cui la gente non vuole mangiare la carne coltivata, raccolte tramite sondaggi d’opinione, gruppi mirati e commenti online. Ma sono ottimista sul fatto che i campioni di questa nuova tecnologia possono rassicurare le preoccupazioni dell’opinione pubblica, spiegando perché i consumatori dovrebbero adottare la carne coltivata.
“La carne coltivata non è necessaria”
Anche se c’è una sempre maggiore consapevolezza dei risvolti negativi dell’allevamento industriale, questa presa di coscienza non si è diffusa tra tutti i consumatori di carne, o perlomeno non si riflette nelle loro abitudini di consumo. L’allevamento industriale supporta quelle che molti considerano pratiche crudeli e restrittive in cui gli animali allevati in simili fattorie sono soggetti a sofferenze estreme, e le stime suggeriscono che più del 99% degli animali allevati negli Stati Uniti viva in tali condizioni.
L’allevamento industriale è anche poco efficiente. Far crescere e nutrire un animale intero solo per ricavarne una parte del corpo è molto meno efficiente che far crescere direttamente la parte del corpo che si vuole mangiare.
L’allevamento industriale distrugge l’ambiente e contamina il terreno e l’acqua circostante, oltre a emettere circa il 14,5% delle emissioni di gas prodotte dall’uomo a livello mondiale.
L’uso di antibiotici nelle fattorie aumenta la resistenza antibiotica, che potrebbe avere conseguenze devastanti per la salute umana globale. Nel 2016, il dipartimento per il cibo e i farmaci statunitense ha riportato che più del 70% delle medicine è stato venduto per l’uso nell’allevamento.
Molte persone che credono che la carne da allevamento sia problematica preferirebbero un sistema alimentare basato sull’agricoltura. Nonostante la recente moda del veganismo, il numero di persone che non mangia prodotti animali resta estremamente basso. Solo una percentuale tra il 2 e il 6% degli americani si identifica come vegetariano o vegano. E solo l’1% degli adulti si identifica come vegetariano e dichiara di non mangiare mai carne. Questo quadro mostra come poco sia cambiato dalla metà degli anni Novanta, nonostante il crescente attivismo animalista e ambientalista.
Probabilmente, la soluzione all’allevamento industriale basata sull’agricoltura non è fattibile nel futuro prossimo. Mentre potrebbe esserlo la carne coltivata. Le singole persone potranno comunque scegliere una dieta a base vegetale, ma coloro che non vogliono rinunciare alla carne, potranno comunque mangiare la loro bistecca.
“Mi preoccupo degli animali e degli allevatori”
Alcune persone sono preoccupate del destino di polli e vacche, immaginando che vengano abbandonate o rilasciate nella natura. La finestra temporale per la carne coltivata rende questa preoccupazione discutibile. Anche facendo una stima ottimistica, la produzione su larga scala è lontana ancora di parecchi anni. Mentre verranno adottati i nuovi processi, la domanda per gli animali da fattoria lentamente si affievolirà. Meno animali verranno fatti riprodurre, cosicché gli animali al centro di queste preoccupazioni non esisteranno nemmeno.
Molte persone sono allarmate anche per l’impatto negativo che la transizione verso la carne coltivata potrebbe avere sugli allevatori. Ma questa nuova tecnologia non è l’unica minaccia che gli allevatori già devono affrontare, nel momento in cui l’industria diventa sempre più monopolizzata. L’85% della carne prodotta in America viene da soli 4 produttori.
Di fatto, la carne coltivata fornisce un nuovo tipo di impresa, con opportunità per far crescere e lavorare prodotti che possono essere impiegati nell’agricoltura cellulare. L’industria della carne può imparare una lezione dal modo in cui i taxi hanno perso contro Uber e Lyft: ci si deve adattare alle nuove tecnologie per sopravvivere. E l’industria sta già compiendo dei passi in questa direzione. Tyson Foods and Cargill Meat Solutions, due dei maggiori produttori di carne negli Stati Uniti, hanno già fatto degli investimenti in questo settore.
“La carne coltivata è disgustosa”
Il disgusto è una reazione comune alla carne coltivata. È difficile controbattere, dal momento che non si tratta di un’argomentazione di per sé: il disgusto sta negli occhi di chi guarda. In ogni caso, il disgusto non è quasi mai una buona guida per prendere decisioni razionali. Le differenze culturali sul consumo di carne sono un buon esempio. Tipicamente, gli occidentali sono contenti di mangiare maiale e bovino, ma considerano disgustoso mangiare carne di cane. Ma la carne di cane viene consumata in alcune culture asiatiche.
Quindi ciò che è “disgustoso” è soltanto determinato da ciò che è normale e accettato nella nostra società. Con il tempo, e la familiarità con la carne coltivata, è possibile che questo sentimento di disgusto sparisca.
“La carne coltivata è contro natura”
Forse l’obiezione più forte è che la carne coltivata è contro natura. Questa argomentazione si basa sulla premessa che le cose naturali siano migliori di quelle artificiali.
Nonostante questa mentalità si rifletta nelle recenti abitudini dei consumatori, si tratta di un argomento fallace. Alcune cose naturali sono buone. Tuttavia, ci sono molte cose che sono artificiali eppure fondamentali per la nostra società: il vetro, i trasporti, internet. Perché lasciar fuori la carne coltivata?
Forse questa argomentazione si applica soltanto al cibo: il cibo naturale è migliore. Ma il cibo “naturale” è un mito; quasi tutto il cibo che si compra viene modificato in un modo o nell’altro. In più l’abuso di antibiotici nella carne comune e altre pratiche dell’allevamento moderno, inclusa la riproduzione selettiva per produrre animali da fattoria moderni, ricade sotto la stessa categoria del contro-natura.
Certamente, la naturalità può essere un sostituto per le cose che sono davvero importanti nel cibo: la sicurezza, la sostenibilità, il benessere animale. Ma la carne coltivata si piazza molto meglio della carne convenzionale per questi parametri. Se escludiamo la carne coltivata sul terreno dell’innaturalità allora, per coerenza, dovremmo rinunciare anche a un vasto numero di altri prodotti che rendono le nostre vite moderne migliori e più semplici.
È ancora presto, ma un buon numero di compagnie sta lavorando per portare la carne coltivata sulla nostra tavola. Come consumatori, abbiamo sia il diritto che l’obbligo di essere informati su quali prodotti scegliamo di mangiare. È vero, dovremmo essere cauti con le nuove tecnologie. Ma a mio parere, le obiezioni nei confronti della carne coltivata non possono competere con i benefici che porterebbe agli esseri umani, agli animali e al pianeta.
Questo articolo è stato tradotto da The Conversation