Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) da un team di ricercatori della Michigan State University (Msu) e della Smithsonian Institution, i resti, antichi e moderni, di procellarie hawaiane in via di estinzione dimostrano quanto sia drasticamente cambiato il menu di pesce oceanico del quale si nutrono questi uccelli pelagici.
Il team ha analizzato le ossa di procellarie hawaiane o ʻUaʻu (Pterodroma sandwichensis), uccelli che trascorrono la maggior parte della loro vita cibandosi in mare aperto, nel mezzo del vasto “nulla” dell’Oceano Pacifico ed hanno scoperto che hanno sostanzialmente cambiato le loro abitudini alimentari, mangiando prede che occupano posti più bassi, piuttosto che più alti, nella catena alimentare e che questo ha coinciso con l’aumento della pesca industriale. Questo drammatico cambiamento nella dieta degli uccelli marini pone grandi interrogativi sul destino di specie delicate e specializzate come le procellarie e gli scienziati si chiedo quante altre specie stiano affrontando sfide simili.
Peggy Ostrom, una zoologa della Msu co-autrice dello studio, spiega: «I nostri dati sulle ossa sono allarmanti perché suggerisce che le reti alimentari dell’oceano aperto stanno cambiando su larga scala a causa dell’influenza umana. Il nostro studio è tra i primi ad affrontare uno dei grandi misteri della oceanografia biologica: se la pesca sia andata oltre un’influenza sulle specie target per influenzare le specie nontarget e, potenzialmente, intere catene alimentari in mare aperto».
La dieta procellarie hawaiiane viene “registrata” nella chimica delle loro ossa. Studiando il rapporto nelle ossa degli isotopi di azoto-15 e azoto-14, i ricercatori possono dire a quale livello della catena alimentare gli uccelli stiano cibandosi in generale, più grande è il rapporto isotopico e più grande è la preda (pesci, calamari e crostacei). Lo studio spiega che «Tra 4.000 e 100 anni fa, le procellarie avevano alti rapporti isotopici, indicando che mangiavano prede più grandi. Dopo l’inizio della pesca industriale, che ha iniziato ad estendersi oltre le piattaforme continentali intorno al 1950, il rapporto isotopico è diminuito, indicando a livello della specie il passaggio ad una dieta di pesci più piccoli e di altre prede».
Fino ad oggi gran parte della ricerca scientifica si è concentrata sull’impatto della pesca nelle acque costiere, ma l’oceano aperto copre quasi la metà della superficie terrestre ed un’altra delle autrici, Anne Wiley, ex studente della Msu ed ora ricercatrice alla Smithsonian, fa notare che «A causa della mancanza di documenti storici, l’impatto della pesca sulla maggior parte delle popolazioni di animali in mare aperto è completamente sconosciuto. Procellarie hawaiane trascorrono la maggior parte della loro vita in foraggiamento su vaste distese di oceano aperto. Nella loro ricerca di cibo, hanno fatto ciò che gli scienziati possono solo sognare. Per migliaia di anni, hanno catturato una grande varietà di pesci, calamari e crostacei in una grande porzione dell’Oceano Pacifico del Nord, e la registrazione della loro dieta è conservata nelle loro ossa».
L’idea di comprendere l’impatto della pesca attraverso la cronologia delle ossa di un uccello marino è davvero notevole, ma a dovuto fare i conti con un problema non da poco: la maggior parte degli animali marini muoiono in mare, dove le loro ossa restano sepolte sul fondo dell’oceano. Ci sono quindi voluti tre decenni di ricerche l’areale di riproduzione del ʻUaʻu nei musei delle Hawaii, perché la ricercatrice Helen James della Smithsonian Institution e le sue colleghe accumulassero una collezione di più di 17.000 antiche ossa di petrelli hawaiani. La James sottolinea che «La procellarie nidificano in tane e grotte dove, se muoiono, le loro ossa sono in grado di conservarsi per un lungo periodo di tempo ed è una fortuna trovare tali reperti di un raro predatore oceanico».
Sono però necessari altri studi per capire come la dieta delle rare Pterodroma sandwichensis si sia così rapidamente spostata verso prede che fanno parte della parte più bassa della catena alimentare e se questo fenomeno sia ancora in corso e con quali conseguenze. Quel che si sa è che per gli uccelli marini costiero, cambiamenti simili nella loro dieta si associano ad una diminuzione della loro popolazione. Quindi si tratta di cattive notizie per avifauna protetta dalle leggi federali statunitensi.
Le procellarie hawaiane pescano in un’area vastissima che va dall’Equatore alle isole Aleutine, una zona di mare più grande degli Usa continentali e le loro abitudini di foraggiamento sono quindi abbastanza rappresentative. Le procellarie sono probabilmente un modello per quanto sta accadendo nelle reti alimentari dell’oceano aperto e dei cambiamento di abitudini alimentari che coinvolgono molte più specie di quanto credessimo, tanto che bisogna cominciare a chiedersi quali impatti abbia la pesca industriale sugli altri predatori e sugli stessi esseri umani e quale ruolo possiamo svolgere come consumatori svolgono. Come dice la Wiley, «Quello che scegliamo di mettere sul piatto per la cena è il nostro legame con il petrello hawaiano in via di estinzione, e con molte altre specie marine».