La peste suina africana è la più devastante malattia contagiosa dei suini domestici e selvatici. Nella penisola italiana è presente nei cinghiali da oltre due anni, dove continua a diffondersi; ma l’estate scorsa ha causato grandi problemi anche negli allevamenti suinicoli della provincia di Pavia, dove circa 40mila animali sono stati abbattuti per fermare il progredire dell’epidemia.
In precedenti articoli su questo sito abbiamo sottolineato i rischi per l’Italia: il comparto suinicolo – dagli allevamenti, agli impianti di macellazione, ai salumifici e prosciuttifici – potrebbe finire a gambe per aria, con un danno economico di molti miliardi di euro. Che si sommano, ovviamente, ai danni per la salute ed il benessere degli animali e alle conseguenze di tipo sociale per i territori colpiti. Davanti a questi rischi, le misure finora intraprese sono state del tutto insufficienti ed inadeguate, basta guardare i risultati. Gli esperti europei che hanno recentemente visitato il nord Italia per fare il punto della situazione hanno trovato una situazione molto preoccupante. E si direbbe che i problemi partano dal manico.
È solo di pochi giorni fa la notizia, ampiamente riportata dai media, che la Peste suina africana sia stata riscontrata nei cinghiali anche in Toscana e più precisamente in Lunigiana. Niente di inatteso, era da tempo che il virus si diffondeva nelle colline e nei boschi ai confini tra Liguria, Emilia-Romagna e Toscana. Infatti, il ritrovamento di un cinghiale morto di PSA in Lunigiana è solo un ulteriore indicatore che nel nostro paese la malattia è tutt’altro che sotto controllo. Salgono ora a otto le regioni in cui non si è riusciti né a prevenire né a contenere il propagarsi della PSA (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana nel nord-ovest; Lazio al centro; Campania e Calabria al sud). Le uniche buone notizie vengono dalla Sardegna, per decenni considerata l’ultima della classe, dove non solo il virus della PSA presente nell’isola fin dal 1978 è stato eradicato già da un po’ di tempo (ultimo riscontro nell’Aprile del 2019), ma dove si è anche riusciti nel settembre scorso a fermare con grande rapidità ed efficienza un’incursione della malattia proveniente dalla Penisola. (A pensar male si potrebbe affermare che in Sardegna le cose vanno bene perché il Commissario Straordinario, nominato dal governo per supervisionare le attività di controllo della malattia nel resto d’Italia, non ha invece competenze sull’isola).
I media – che spesso trattano questo argomento solo in modo superficiale – non hanno però fornito alcuna informazione su un altro recente evento riguardante la PSA. Ha avuto luogo ai primi di luglio una visita in Lombardia ed Emilia-Romagna di un gruppo di esperti europei del cosiddetto EU-VET (Veterinary Emergency Team) della Commissione Europea. Pochi giorni fa gli esperti, provenienti da Germania, Lituania e Repubblica Ceca, hanno presentato il loro rapporto nel corso di in una riunione tra Commissione e Stati Membri; noi abbiamo recuperato sul web, senza troppa fatica, visto che il documento è pubblico, la relativa presentazione in PowerPoint (https://food.ec.europa.eu/document/download/81ac039d-6504-4207-a9fa-c0475ce90e5d_en?filename=reg-com_ahw_20240711_pres-09.pdf) tradotta in italiano (vedi file allegato).
Il quadro della situazione disegnato dagli esperti è veramente preoccupante: la malattia da un paio di anni a questa parte continua a diffondersi nel nord Italia in modo sempre più pericoloso; le misure di prevenzione e controllo non vengono applicate in modo coordinato; non c’è una adeguata sorveglianza che consenta di avere indicazioni precise sulla evoluzione della malattia nei territori colpiti (presupposto indispensabile per pianificare in modo scientifico le misure di controllo e di verificarne la efficacia); gli esperti italiani non vengono coinvolti nelle decisioni; non esiste una vera strategia che non sia una semplice intensificazione della caccia e degli abbattimenti. E potremmo continuare con le critiche: basta leggere il documento, che ha il pregio di essere chiaro e sintetico.
E ora un nostro commento: da ogni parte ci si lamenta del numero elevato dei cinghiali, che sta sicuramente rendendo più difficile il controllo della PSA, oltre che causare altri seri problemi di danni all’agricoltura, di incidenti stradali, eccetera… E siamo tutti d’accordo che si tratta di problemi molto seri, che vanno affrontati anche con misure di abbattimento. Ma dobbiamo anche far notare che le misure di diradamento della popolazione dei selvatici finora disposte ma applicate in modo molto frammentario, non sono il frutto di studi e ragionamenti approfonditi che si riflettono in una vera strategia di controllo della PSA, ma sembrano più che altro l’esito della raccolta degli umori che comprensibilmente circolano nei bar dello sport. Purtroppo, tentavi più o meno velleitari di fermare la PSA tramite la caccia ed abbattimenti fatti senza precisi criteri hanno costantemente fallito in tutta Europa. Lo sanno bene gli esperti europei, che hanno la facoltà di parlare liberamente. Ed anche gli esperti italiani, che sono stati però emarginati e zittiti, come risulta chiaramente anche da alcune frasi del rapporto EUVET, ed hanno ben poca influenza sulle decisioni che vengono prese da chi ha l’autorità per farlo.
E allora domandiamo a chi ha le maggiori responsabilità in materia (Commissario Straordinario, Ministeri della salute e dell’agricoltura, Centro di referenza per la PSA di Perugia): invece di continuare con una politica che forse nel breve periodo raggiunge un certo consenso e consente di far credere almeno a qualcuno che tutto va bene madama la marchesa, ma che in realtà non porta a risultati, quando comincerete una seria riflessione sui fallimenti di cui siete i principali responsabili? E quando metterete in atto una vera strategia di controllo della malattia basata sulla scienza?
Tratto da Veterinari uniti per la salute del 22 Luglio 2024
PESTE SUINA AFRICANA – PSA: si dimette il Commissario, incarico vacante dal 1° agosto