SPIAGGIAMENTI DI CETACEI: ANCHE LA NATO AMMETTE CHE I SONAR MILITARI SONO DANNOSI

CetaceiDue diversi studi, realizzati applicando sensori di monitoraggio e registrazione del suono a 17 balenottere azzurre ed a due zifi giungono alla stessa conclusione: i sonar a media frequenza utilizzati durante le esercitazioni militari hanno un forte impatto sul comportamento dei cetacei e sono collegati allo spiaggiamento ed alle morti di balene e zifi in tutto il mondo.

La novità è che per la prima volta la cosa viene ammessa senza mezzi termini anche da una struttura della Nato: il Centre for Maritime Research and Experimentation (Sto-Cmre), Nato Science and technology organisation di La Spezia che ha partecipato allo studio “First direct measurements of behavioural responses by Cuvier’s beaked whales to mid-frequency active sonar” pubblicato sub Proceedings of the Royal Society B.

Il team di ricerca anglo-americano evidenzia che «Gli spiaggiamenti di mammiferi marini che coincidono di più con le esercitazioni sonar navali hanno coinvolto gli Zifi di Cuvier (Ziphius cavirostris ). Abbiamo registrato il movimento e dati acustici degli animali su due Ziphis taggati ed abbiamo ottenuto le prime misurazioni dirette delle risposte comportamentali di questa specie ai segnali sonar attivi a media frequenza (Mfa). Ogni registrazione include un playback di 30 minuti (un segnale sonar Mfa simulato 1,6-s che si ripete ogni 25 s); uno cetaceo è stata anche incidentalmente esposto a Mfa di sonar di esercitazioni navali distanti. I cetacei hanno risposto con forza ai playbacks a livelli bassi ricevuti (RLS; 89-127 dB re 1 µPa): dopo la cessazione del normale “fluking” ed ecolocalizzazione, nuotavano velocemente, silenziosamente lontano, estendendo sia la durata dell’immersione che il successivo intervallo di non foraggiamento. Le esercitazioni sonar a distanza (78-106 dB re 1 µPa) non hanno provocato tali risposte, il che suggerisce che contesto può moderare le reazioni. Le risposte osservate al playback si sono verificati a RLs ben al di sotto delle soglie delle attuali normative; risposte equivalenti a sonar operativi potrebbero elevare il rischio di spiaggiamento e ridurre l’efficienza del foraggiamento».

Nello studio “Blue whales respond to simulated mid-frequency military sonar” pubblicato su Biology Letters, al quale ha partecipato lo stesso Sto-Creme Nato di La Spezia, un altro team di ricercatori statunitensi e britannici sottolinea che «I sonar militari a media frequenza (1-10 kHz) sono stati associati ai letali spiaggiamenti di massa di odontoceti che compiono immersioni profonde, ma gli effetti sul rischio di estinzione delle specie di balene con fanoni sono praticamente sconosciuti. Qui, abbiamo utilizzato esperimenti di esposizione controllata con un sonar militare simulato e altri suoni a media frequenza per misurare le risposte comportamentali di Balenottere Azzurre (Balaenoptera musculus) taggate nelle aree di alimentazione all’interno del Southern California Bigh. Nonostante l’uso di sorgenti a livelli con ordini di grandezza al di sotto di alcuni sistemi militari operativi, i nostri risultati dimostrano che il suono a media frequenza può influenzare in modo significativo il comportamento della balena azzurra, specialmente durante le modalità di alimentazione profonde. Quando si verificata una risposta, i cambiamenti comportamentali variavano ampiamente, dalla cessazione dell’alimentazione in profondità ad una maggiore velocità di nuoto ed ad uno spostamento diretto lontano dalla sorgente sonora. La variabilità di queste risposte comportamentali è stata largamente influenzato da una complessa interazione dello stato comportamentale, del tipo di suono a media frequenza e del livello sonoro ricevuto. L’interruzione dell’alimentazione indotta dai sonar e spostamento dai siti con prede di alta qualità potrebbe avere un impatto significativo e in precedenza non documentato sull’ecologia del foraggiamento, l’adattamento individuale e la salute della popolazione dei misticeti».

I nuovi studi non spiegano gli spiaggiamenti dei cetacei e la catena di eventi che porta a questi “suicidi” di massa, ma secondo un esperto di mammiferi marini, Patrick Miller, della Sea mammal research unit dell’università britannica di St Andrews, «I risultati hanno mostrato che sarebbe saggio per le esercitazioni navali a evitare le zone con habitat critici».

Per quanto riguarda gli zifi i ricercatori sospettavano da lungo tempo che i sonar avessero un effetto pesante su questi rari ed elusivi cetacei che si immergono fino a profondità di 1.500 metri, dove con i loro click di ecolocalizzazione individuano i calamari dei quali si cibano, ma non si aspettavano che la riproduzione dei sonar facesse fuggire gli zifi.

Ma forse è ancora più sorprendente la risposta ai sonar data dalle balenottere azzurre, il più grande animale che vive sul nostro pianeta, cetacei che comunicano con suoni ad una frequenza molto bassa, di gran lunga inferiore a quello dei sonar navali. Ma dato che le balene azzurre non utilizzano i suoni per cacciare, gli scienziati pensavano che non sarebbero state disturbate dai sonar. Invece anche il comportamento di questi giganti è cambiato: i cetacei che si nutrivano vicino alla superficie non hanno mostrato quasi nessuna risposta, ma gli animali che si immergevano per ingurgitare il krill in profondità hanno reagito in modo molto diverso.

L’americano Jeremy Goldbogen, del Cascadia Research Collective, che ha guidato il team di ricerca sulle balene azzurre, ha detto a Bbc New: «Questi animali si immergono per alimentarsi più volte durante tutto il giorno. E appena inizia il suono, gli animali smettono di alimentarsi e prendono un’altra direzione e si allontanano dalla sorgente sonora. Questi enormi animali in immersione possono raccogliere krill per un ammontare di mezzo milione di calorie in un sol boccone, questo disturbo della loro alimentazione li priva di grandi quantità di energia. Ho calcolato che, in quel momento, l’animale ha perso una tonnellata di krill. Quindi, se questo succede spesso in questi hotspots dell’alimentazione, potrebbe avere conseguenze reali. E attualmente esercitazioni navali vengono svolte in questi hotspot».

Infatti le acque della California oggetto dello studio sono un’area di foraggiamento delle balene azzurre e proprio nella stessa area l’US Navy effettua esercitazioni periodiche dove i cetacei in estate ed autunno migrano per ricostituire le loro riserve di grasso per affrontare la lunga migrazione verso le zone di riproduzione. Goldbogen aggiunge: «Anche un piccolo disturbo di questo vitale banchetto pre-migrazione, potrebbe avere conseguenze reali per la salute della popolazione. Questi sono gli animali più grandi che abbiano mai vissuto, quindi hanno bisogno di una quantità enorme di cibo».

L’esame dettagliato del comportamento delle balene e degli zifi è stato reso possibile dalla tecnologia contenuta all’interno dei tag di monitoraggio: «Un sacco degli stessi sensori che sono nei nostri smartphone sono nei tag che abbiamo attaccato a queste balene – spiega Goldbogen – Quando ruotate il telefonino e lo schermo si muove con voi, ecco è perché ci sono questi sensori chiamati accelerometri e magnetometri. Ecco come otteniamo le informazioni riguardanti la posizione dei cetacei. Questo ha permesso di realizzare animazioni dettagliate sulla posizione, la velocità e il movimento di ogni balena».

I tag sono stati fissati ai cetacei con ventose, così i ricercatori hanno dovuto utilizzare una piccola barca a muoversi fianco a fianco della balenottera azzurra, mentre uno scienziato ha utilizzato una lunga pertica in fibra di carbonio per attaccare il dispositivo sul dorso dell’animale. Ma Goldbogen fa notare che «E’ molto più facile con le balenottere blu che con gli altri cetacei, perché sono così grandi. Siamo in grado di programmare il rilascio del tag, così lo ritroviamo e scarichiamo i dati. Questo è un esercizio molto più complicato con gli zifi che sono più piccoli e fanno immersione che durano un’ora alla volta. Se vedete uno zifio e non riuscite ad applicargli il tag, potreste non rivederlo mai più nuovamente».

Anche se i due studi forniscono la prova evidente che i sonar militari colpiscono questi rari mammiferi marini così diversi tra loro per abitudini e dimensioni, gli scienziati dicono che è ancora necessaria molta più ricerca sugli impatti specifici dell’attività umana sul loro ambiente, anche per valutare ulteriori misure di protezione.

Goldbogen conclude: «Non ci aspettavamo che le balenottere azzurre avessero una risposta così forte, quindi c’è chiaramente una carenza di dati di base su come gli animali rispondono al suono artificiale. Questi animali si sono evoluti in un ambiente molto diverso da quello in cui stanno vivendo oggi»

 Tratto da Logo greenreport.itdel 04 Luglio 2013