La Commissione dell’Unione Europea ha inviato una diffida all’Italia per chiedere la fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale.
E’ dall’11 aprile del 1974 con la legge n. 138, che l’Italia ha deciso di vietare l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare in tutti quei caseifici situati sul territorio nazionale.
La Commissione Ue con l’avvio della procedura di infrazione ritiene invece che la legge italiana a tutela della qualità della produzioni rappresenti una restrizione alla “libera circolazione delle merci”, essendo la polvere di latte e il latte concentrato prodotti utilizzati in tutta Europa.
In pratica l’Unione Europea vuole imporre all’Italia di produrre “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare i contenuti della lettera di costituzione in mora dichiara “Siamo di fronte all’ultimo diktat di una Europa che tentenna su emergenze storiche come l’emigrazione, ma che è pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi dei nostri prodotti alimentari difesi da generazioni di produttori”.
Sino ad ora, con la Legge 138 del 1974, la qualità delle produzioni casearie italiane, è stata salvaguardata, vietando l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare a tutti i caseifici situati sul territorio nazionale.
Con questa misura si è tenuta alta la qualità dei prodotti salvaguardando le aspettative dei consumatori per quanto concerne l’autenticità e la qualità dei prodotti italiani mediante la qualità delle materie prime. Scelta che ha garantito fino ad ora il primato della produzione lattiero casearia italiana che riscuote un apprezzamento crescente in tutto il mondo dove le esportazioni di formaggi e latticini sono aumentate in quantità del 9,3% nel primo trimestre del 2015.
Comunque bisogna essere ben consapevoli, come è stato ben ricordato dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, tale normativa non va ad intaccare la produzione e l’ economia dei formaggi DOP, in quanto i disciplinari di produzioni sono ben chiari su origine e qualità del latte.
Forte preoccupazione si và però ad esprimere per le rimanenti produzioni che rappresentano il 50% del fatturato del prodotto lattiero caseario italiano.
Questa diffida della Commissione dell’Unione Europea potrà essere il “colpo” decisivo che metterà a repentaglio il lavoro dei nostri piccoli e medi allevatori/produttori. Vi saranno intere famiglie e intere generazioni che rischiano di perdere acquirenti e mercato nel giro di poco tempo. Perché se prima l’ ondata di latte attesa dopo la chiusura del regime delle quote latte faceva paura, ma si poteva fare affidamento sulla richiesta di prodotto genuino e sull’artigianalità di alcune produzioni, oggi anche questo appiglio va a cascare, ed è una caduta libera nel vuoto senza precedenti.
Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in un comunicato stampa del 28 Giugno ha spostato la questione dal problema del latte in polvere a quello delle etichette e della «trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori».
In tutta Europa circolano liberamente imitazioni low cost del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano, cosiddetti “similgrana”, che vengono realizzate fuori dall’Italia senza alcuna indicazione della provenienza e con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine.
Una mozzarella su quattro in vendita in Italia è stata ottenuta con semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta per effetto della normativa europea.
Gli inganni sugli scaffali dei market del finto Made in Italy riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche su tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza nessuna indicazione in etichetta.