In pochi decenni nel mondo si sono susseguite pandemie come Ebola, SARS, Zika, HIV/AIDS, febbre del Nilo Occidentale è l’epidemia di Covid-19. Ma il novo rapporto “Preventing the next pandemic: Zoonotic diseases and how to break the chain of transmission”, pubblicato dall’United Nations environment programme e dall’International livestock research institute (Ilri) avverte che «Queste malattie sono tra le più visibili tra quelle che hanno fatto la loro comparsa nel corso degli ultimi decenni. Benché siano comparse in diverse parti del mondo, hanno una cosa in comune: si tratta di quelle che gli scienziati chiamano le “zoonosi”, delle infezioni che si propagano tra gli animali e gli esseri umani e alcune delle quali causano malattia e morte».
Il rapporto, un’edizione speciale dei Frontiers Report Series dell’Unep, evidenzia che «Se i paesi non adottano misure drastiche per frenare i contagi zoonotici , epidemie globali come il Covid -19 diventeranno più frequenti e comuni., a meno che i Paesi non prendano misure drastiche per frenare i contagi zoonotici, focolai globali come il Covid-19 diventeranno più comuni».
Alcuni animali selvatici (compresi roditori, pipistrelli, carnivori e primati non umani) hanno più probabilità di ospitare agenti patogeni zoonotici, con il bestiame che spesso serve da ponte per la trasmissione dei patogeni dal serbatoio della fauna selvatica al nuovo ospite umano. I ricercatori di Unep e Ilri descrivono come il 60% dei 1.400 microbi noti per infettare l’uomo abbia avuto origine negli animali e sottolineano che «Mentre I contagi emergenti come IL Covid-19 dominano i titoli dei giornali, le cosiddette zoonosi “trascurate” uccidono almeno 2 milioni di persone ogni anno, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Questo è più di quattro volte il numero di decessi attualmente dovuti al Covid-19».
Una delle autrici del rapporto Doreen Robinson, a capo dell’Unep Wildlife Service, fa notare che «Le malattie zoonotiche sono al centro di problemi come la povertà e la disuguaglianza. Queste malattie colpiscono in modo sproporzionato le persone nei Paesi meno sviluppati. E’ solo quando si verifica una pandemia come quella del Covid-19 che iniziano a diventare il problema di tutti».
Le zoonosi hanno afflitto le società umane fin dal neolitico e sono responsabili di alcune delle pandemie più mortali della storia, tra le quali la peste bubbonica del tardo Medioevo e la pandemia di febbre spagnola agli inizi del XX secolo. Ma il rapporto evidenzia che «Quando la popolazione mondiale raggiunge gli 8 miliardi di persone, lo sviluppo sfrenato avvicina l’uomo e gli animali, facilitando la trasmissione di malattie tra le specie». Eric Fèvre, professore di malattie infettive veterinarie all’università di Liverpool e ricercatore Ilri, aggiunge: «Sfruttando aree sempre più marginali, stiamo creando possibilità di trasmissione. Esiste un rischio crescente di vedere epidemie più grandi e, alla fine, una pandemia tipo Covid-19 man mano che la nostra impronta sul mondo si espande».
Già oggi il costo delle epidemie zoonotiche è molto elevato: il Fondo monetario internazionale prevede che solo quest’anno il Covid-19 provocherà una contrazione del 3% nell’economia mondiale, fino al 2021 andranno persi 9.000 miliardi di dollari di produttività. La Banca mondiale ha stimato che, Nei due decenni che hanno preceduto l’attuale pandemia, le zoonosi hanno avuto un costo diretto di oltre 100 miliardi di dollari.
La principale autrice del rapporto, Delia Grace, che insegna sicurezza alimentare al Natural Resources Institute ed è ricercatrice Ilri, ribadisce che «Per prevenire future epidemie, i Paesi hanno bisogno di una risposta coordinata e scientificamente fondata alle malattie zoonotiche emergenti. I virus non hanno bisogno del passaporto. Questi problemi non possono essere affrontati nazione per nazione. Se la nostra risposta per la salute umana, animale ed ecosistemica deve essere efficace, dobbiamo adottare approcci integrati».
Per questo, Unep e Ilri esortano i governi di tutto il modo ad adottare l’approccio intersettoriale e interdisciplinare “One World, One Health” che invita gli Stati a rafforzare i loro sistemi sanitari animali e umani, ma anche ad «affrontare fattori, come il degrado ambientale e l’aumento della domanda di carne, che facilitano il passaggio delle malattie da una specie all’altra». Le due organizzazioni spiegano che «In particolare, questo approccio incoraggia gli Stati a promuovere l’agricoltura sostenibile, rafforzare gli standard di sicurezza alimentare, monitorare e aiutare a migliorare i mercati alimentari tradizionali, investire nella tecnologia per tenere traccia delle epidemie e offrire nuove opportunità. Di occupazione per le persone che commerciano fauna selvatica».
La Robinson conclude: «E’ importante che i governi comprendano meglio come funzionano le zoonosi. Questo potrebbe aiutare il mondo a evitare un’altra pandemia del livello del Covid-19. Preparare e prevenire il blocco che abbiamo vissuto in tutto il mondo è ciò che ci porterà agli investimenti nella ricerca sulle zoonosi. Le epidemie avverranno. I patogeni passeranno dagli animali agli esseri umani e poi torneranno agli animali. La domanda è quanto andranno lontano e quale impatto avranno».
Tratto da del 07 Luglio 2020